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Pagina:Sonetti romaneschi VI.djvu/163

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Sonetti del 1832 153

L’AMMANTATE.1

     Ah fu un gran ride e un gran cascèrro2 gusto
Quer de vede passà ttante zitelle
Co’ la bbocca cuperta, er manto, er busto,
Le spille, er zottogóla,3 e le pianelle!

     Tutte coll’occhi bbassi ereno ggiusto
Da pijjalle pe’ ttante monichelle,
Chi nun sapessi cuer che ssa sto fusto4
Si cche ccarne sce sta sotto la pelle.

     Nerbi-grazzia, Luscìa l’ho fr..at’io:
Nèna?5 ha ffatto tre anni la p......,
E Ttòta6 è mmantienuta da un giudio.

     E la sora Lugrezzia la mammana7
N’ariconobbe dua de Bborgo-pio:8
Inzomma una ogni sei nun era sana.9

Roma, 20 novembre 1832.

  1. Vedesi la nota 3 del sonetto intitolato: La Nunziata, [7 nov. 32]. Qui solo si aggiunga che le dotate non vogliono andar esse stesse personalmente alla processione, ma vi mandano altre in lor luogo con la mercede di cinque paoli.
  2. “Soddisfacente,„ contrario a tarèffe, “spiacevole, guasto, ecc.:„ voci entrambe tolte agli Ebrei del Ghetto di Roma. [V. in questo volume la nota 1 del sonetto: Fijji bboni ecc., 11 nov. 32.]
  3. [Il soggolo.]
  4. La mia persona.
  5. [Maddalena.]
  6. [Antonia.]
  7. Ostetrica.
  8. Contrada di Roma presso il Vaticano.
  9. [Intera.]