Pagina:Sonetti romaneschi VI.djvu/231

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Sonetti del 1833 221

dire per pio eccitamento, non diversamente da quanto si vede praticare nelle beneficiate teatrali. Nel secondo poi si raccolgono le oblazioni in commestibili per sostituzione o giunta al danaro: e quei commestibili sono sempre una porzione de’ salami e delle uova benedette dai preti e perciò fatte mezzo dritto di stola. I preti poi riuniti tutti in parrocchia fanno una divota refezione in comune.      7 [Feci io: dissi io.]      8 [Moneta d'argento, che valeva poco più della lira nostra.]


— —

LA CURIOSITÀ

     La prima notte, per avé una prova
Si1 la sposetta mia fussi curiosa,
Je disse: “Oh, ffra le co.... io sciò2 una cosa
Che nnun hai [da] sapé. Gatta sce cova.„3

     Poi finze de ronfà.4 Cquanto5 la spósa,
Sapenno fórzi6 che cchi ccerca trova,7
Me venne ar tasto der zalame e ll’ova,
Che ppe’ le donne so’ rrobba golosa.

     Figuret’io che nnun perdono mai!
Je sartai sopra; e llì cco lo spadone
In d’un ammèn-gesù8 la bbuggiarai.

     Dillo tu, Achille mio, ebbe9 raggione?
Nun vennero accusì ttutti li guai
Ch’Iddio ciarigalò10 ppe’ cquer boccone?

Roma, 1 maggio 1833



  1. Se.
  2. Ci ho.
  3. Mistero c’è.
  4. Finsi di russare.
  5. Ed ecco che ecc.
  6. Sapendo forse.
  7. [Chi ccerca, trova. Proverbio.]
  8. In un momento.
  9. Ebbi.
  10. Ci regalò.