e leggiermente infranto, nel gozzo d’un galletto, gli feci azzannar la coscia sinistra da una Vipera, e subito stramazzò in terra, e morì in poco più d’un ottavo d’ora: Quindi, crescendo maggiormente il sospetto, sulle dieci ore della mattina, feci mangiare ad un cappone due teste di Vipera pur crude, e poscia sulle dodici proccurai, che ne inghiottisse due altre, e senza metter tempo in mezzo lo feci mordere una sol volta nella coscia da una Vipera, ed il cappone se ne morì prestissimo, senz’aver trovato rimedio di guarire nell’alessifarmaco di quelle quattro teste. Il giorno seguente preparai a due cagnuoli un saporito manicaretto di capi di Vipere leggiermente lessati, ma non lo vollero mangiare, e fu di mestiere farlo inghiottir loro per forza; poco dopo il cane più piccolo fu morso nella coscia vicino all’anguinaglia, ed il maggiore nella lingua, e tutti a due si morirono. Si morirono nella stessa maniera otto pollastri, due gatti giovani, due leprottini, e sei colombi torraiuoli feriti anch’essi, dalle Vipere, e medicati non solamente con le loro teste, e crude, e cotte, ma bagnati nel luogo delle ferite col sangue viperino. E mi sovviene, che que’ sei colombi torraiuoli non gli feci mordere dalle Vipere vive, ma dalle teste delle Vipere morte e morte due giorni avanti. In oltre durai tre giorni continui ad imbeccare due colombi simili con carne viperina, ne altro lor diedi a bere, che la bollitura di esse carni, e pure non poterono campar la morte quando furono