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le rovine e il gran veglio | 183 |
parole quasi uguali, sospiranti e piangenti e guaiolanti, con
diverse lingue, orribili favelle,
parole di dolore, accenti d’ira,
voci alte e fioche e suon di man con elle;
come mai? perchè mai? Perchè passano avanti alla porta senza serrame: si può credere. E il perchè delle strida dei peccatori carnali si può subito indovinare dal perchè dei sospiri e pianti degli sciaurati. La Redenzione fu in vano per gli uni e per gli altri.
Ma come la Redenzione può essere significata dalla ruina, al modo che è espressa dalla porta infranta? Per scendere dagli spaldi della città roggia al primo dei cerchietti, che è della violenza, Dante con Virgilio prende1
via giù per lo scarco
di quelle pietre che spesso moviensi
sotto i suoi piedi per lo nuovo carco.
Era una rovina anche quella.2
Era lo loco, ove a scender la riva
venimmo, alpestro...
Qual è quella ruina, che nel fianco
di qua da Trento l’Adice percosse
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
cotal di quel burrato era la scesa,
e in su la punta della rotta lacca...
Era una rovina; chè a Dante pensoso dice Virgilio:3