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192 sotto il velame

a capo della malizia con frode ossia con intelletto. E così la salvazione dalla servitù del volere è tanto facile, or che la porta è aperta, che non si capisce come in tanti non avvenga; al modo che non si intende come alcuno desideroso di uscire non esca pur essendo aperto l’uscio. E così la salvazione dalla concupiscenza è più facile che quella dalla malizia con forza, e questa più che quella dalla malizia con frode: salvazione, quest’ultima, difficilissima. In verità, essendo il salire opposto allo scendere, se lo scendere significa una maggiore o minore agevolezza, il salire significherà una maggiore o minore difficoltà, nel salvarsi.

E qui Dante è mirabile. Come ha posto due discese, una più comoda, una meno; così pone due salite, meno e più disagiate. Questa, per la rovina della bolgia di Caifas e del regno di Gerione, è la meno disagiata; la più, è per i peli di Lucifero, del maciullatore di Giuda, del primo superbo.1

               Quando noi fummo là dove la coscia
               si volge appunto in sul grosso dell’anche,
               lo duca con fatica e con angoscia,
               
               volse la testa ov’egli avea le zanche
               ed aggrappossi al pel come uom che sale,
               sì che in inferno io credea tornar anche.
               
               Attienti ben, che per sì fatte scale,
               disse il maestro ansando com’uom lasso,
               conviensi dipartir da tanto male.

Da tanto male, con tanto ansimare; con meno, da minore. E così per i ronchioni della sesta bolgia

  1. Inf. XXXIV 76 segg.