Pagina:Sotto il velame.djvu/255

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le rovine e il gran veglio 233

sdegno. La porta si chiude sul loro petto. Qui è l’arduo veramente: quello contro cui vale la passione dell’ira, quando è col suo ordine. Ricordate l’altra porta? Quella è spalancata. Gl’ignavi che corrono nel vestibolo, quand’erano in vita, esitarono e sostarono avanti una porta aperta. La difficultas, tratta dal peccato originale, fu in loro così assoluta che trovarono impossible la più facile opera. La menoma particella della passion dell’ira, cioè di fortezza, della quale essa ira è cote, sarebbe bastata. Ma avanti la porta chiusa e assicurata e difesa dai mille diavoli, ci vuol invece il massimo di fortezza o d’ira.

Virgilio a ciò si dispone e ciò promette. E dice a Dante: “Perch’io m’adiri, non sbigottire!„ Ma non si vede che s’adiri, esso; non si vede che si prepari, esso, a usare quest’ira. Chè dice subito:1

                         già di qua da lei discende l’erta,
               passando per li cerchi senza scorta
               tal che per lui ne fia la terra aperta.

Dunque aspetta altri, e tuttavia, pur fermandosi ad ascoltare se s’appressa colui che deve aprir la terra, tuttavia dice, con interrotte parole:2

               Pure a noi converrà vincer la punga
                         . . . se non . . . tal ne s’offerse...
               Oh! quanto tarda a me ch’altri qui giunga!

Dante allora dubita che a quelli del limbo sia concesso passare oltre quelle mura e quella porta, e

  1. Inf. VIII 128 segg.
  2. Inf. IX 7 segg.