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l'altro viaggio 413


Come Virgilio ubbidì a Beatrice,1 Dante ubbidirà a Virgilio. E già da sè comincia a intendere “quale è la volontà del Signore buona, piacente e perfetta„, chè il consiglio gli ha disposto il cuore, ed esso è “tornato nel primo proposto„: proposito suo.2 Dunque fa mostra anche del dono dell’intelletto, secondo che è interpretato dal mistico. E così in questo ragionamento è come l’ombra e come l’eco dei doni dello Spirito; chè non manca certo la sapienza, la quale riassume tutti gli altri spiriti, come si trova con gli altri ospiti intorno al soldato di Cristo. Chè codesta sapienza è la metà del primo viaggio, è la sosta avanti di arrivare alla città di David, è quella che vi conduce, è quella che porge “vere parole„. Al che, per ora, persuade quel domandar di Virgilio e quel risponder di Beatrice, su ciò ch’ella non teme del fuoco. Risponde ella:3

               Temer si deve sol di quelle cose
               ch’hanno potenza di fare altrui male,
               dell’altre no, che non son paurose:

sapienza codesta che saprebbe pur di poco, se non sapessimo interpretarla! Sotto quelle parole giace questo concetto: “Nel timore del Signore ognuno dechina dal male„:4 ma questo male è quel dell’anima, e che poi si punisce nell’incendio della Geenna; non quel del corpo, perchè il giusto nè in vita deve temere il fuoco mortale, nè in morte l’eterno. Ora quel timore del male che è male dell’anima, l’ebbe se mai altri, Beatrice; chè inizio della sapienza

  1. Inf. II 80 e 134.
  2. ib. 136 segg.
  3. ib. 88 segg.
  4. Proverb. 15 in Summa 1a 2ae 68, 4.