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e a Rachele dopo sette esercitazioni di giustizia, e sette purificazioni e beatitudini.

Dante ha certo mutato nell’interpretazione mistica di S. Agostino. Possiamo anzi dubitare che abbia egli attinto direttamente a questa fonte e non a qualche rivolo sceso da essa. Ma nulla c’impedisce di credere ch’esso abbia mutato, e corretto anzi, da sè. Or i cambiamenti persuadono sempre più che a base del Poema Sacro è quest’interpretazione mistica degli amori del patriarca.

In vero Dante ha enumerate e disposte diversamente le beatitudini, mettendo ultima la mondizia del cuore: per qual ragione se non per questa, di rendere più evidente il passaggio da Lia a Rachele, cioè dalla vita attiva alla contemplativa? Lia non appare a Dante dopo i primi, diciamo, sette anni; ma dopo i secondi: perchè, se non per questo, che essendo i secondi sette anni raffigurati nelle sette beatitudini, delle quali ultima è la mondizia del cuore ossia la purità dell’occhio, egli trovava coincidente con l’attitudine alla vita contemplativa la perfezione della vita attiva? e doveva trovare Lia a specchiarsi come Rachele? e trovava in Matelda gli occhi luminosi di Beatrice?

Si noti. Egli leggeva nel suo testo che i secondi sette anni sono le beatitudini. Si persuadeva, leggendo qua e là, per esempio in Ugo di San Vittore,1 che le beatitudini erano opposte ai sette peccati capitali, perchè esprimono il premio proposto

  1. Hugo de S. Victore, Vol. I De quinque septenis 1: «seguono le sette virtù. Prima, la povertà di spirito, cioè umiltà, seconda mansuetudine o benignità etc. Poi, in quinto luogo, si distinguono sette beatitudini. Prima, il regno dei cieli; seconda la possessione della terra dei viventi etc.».