Pagina:Sotto il velame.djvu/49

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la selva oscura 27

difetto di prudenza, non altro fu dunque se non manco di quel lume che agli uomini è dato

                            a bene ed a malizia,1

non altro fu se non manco di quel conoscimento, come definisce S.Agostino,2 di ciò che è da appetire e di ciò che è da fuggire, non altro fu se non manco di quella virtù che illumina appunto l’anima sensitiva, di quella virtù che consiglia l’anima semplicetta che sa nulla, quando non è più di pargolo.3

               Innata v’è la virtù che consiglia,
               che dell’assenso de’ tener la soglia.
               
               Questo è il principio, là onde si piglia
               ragion di meritare in voi, secondo
               che buoni e rei amori accoglie e viglia.

E che questa virtù che consiglia, sia nella mente di Dante proprio la prudenza e non, per esempio, più generalmente la ragione, apprendiamo dallo stesso Dante che dice:4 “dalla prudenzia vengono i buoni consigli„. Or dunque se ella è la prudenza, come è, e se questa è il discernere tra ciò che è da appetire e ciò che da fuggire, e non fa ella se non accogliere e vigliare buoni e rei amori; quando uno ne è detto mancare, non si dice di lui se non che appetisca ciò che non è da appetire e che fugga ciò che non è da fuggire, e ami e desideri ciò che non è da desiderare e da amare; non si dice ancora che vada oltre il desiderio e l’amore, non si dice che faccia

  1. Purg. XVI 75 seg.
  2. Aug. in Summa 2a 2ae 47, I.
  3. Purg. XVIII 12.
  4. Conv. IV 27.