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vi | de la bestia trionfante |
La curiosità mossa dal caro prezzo e rarità del libro, crebbe per l’aria di mistero, col quale ne parlavano coloro che l’avevano visto, o che altresì pretendevano averlo studiato. John Tolland inuzzolì particolarmente gli animi traducendolo in inglese e tirando questa sua versione a pochi esemplari, come se pochi intelletti fossero atti a gustarlo. L’Abate di Vougny, consiglier di gran camera e canonico di Nostra Donna, produsse il medesimo effetto, traducendone solo una parte, quasichè il rimanente dovesse esser occulto al pubblico francese, e per soprappiù stampandolo senza data e nome di città. Tolland, nel vero, non ne favellava di furto; lo dava senza riserbo pel libro più formidabile non solo alla corte di Roma, ma al Cristianesimo. Lacroze prese nel senso letterale la parola dell’eterodosso irlandese e svegliò con gridi d’allarme l’ortodossia così protestante come cattolica. Non poteva capacitarsi che «il Bayle, ch’aveva avuto fra mano il libro non ne avesse conosciuto il veleno.» Poi sorse l’ipotesi che lo Spaccio potrebbe ben essere il libro sì famoso al mondo sotto il titolo di Trattato dei tre impostori. Coloro che non osavano dichiararlo una pretta copia di questo famoso trattato, lo avevano per un’amplificazione di qualche dialogo di Luciano. Ecco perchè gli apologisti di Bruno rifiutarono talora di tenerlo per l’autore dello Spaccio. Di questo parere fu Heumann. Più circospetto e meno indulgente, Bruckero si contentò di revocare in dubbio quella paternità. Adelung