Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. I, Fibreno, 1857.djvu/106

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capo secondo 81   

di Roma, onde furon detti Municipii fundani; e tutti gl’Italici conseguirono a pieno la romana cittadinanza.

Non è men vero però che Roma, disserrando le sue porte a tanta moltitudine di cittadini, che ivi convenivano da ogni città italica, quando era tempo della tratta de’ magistrati della repubblica, allargò e poi sciolse il freno alle stemperate cupidità e gare d’uffizii, alle concioni tumultuarie, alle concitazioni demagogiche, e per conseguente a’ popolari bollori e tumulti. Onde fu partorita la rabbia delle guerre civili, che condussero la repubblica all’ultima perdizione.

Per effetto della legge Giulia Reggio di città federata si mutò in municipio senza suffragio, cioè conservando libertà di governarsi con leggi proprie. Poi la veggiamo convertita in municipio fundano; e ciò viene a dire che andò a fondersi nella cittadinanza romana, coll’ascrizione nelle tribù, col diritto del suffragio nella creazione dei magistrati della repubblica, coll’adito agli uffizii di Roma, e coll’adozione di parecchie leggi romane. Ma conservò sempre i suoi Arconti e Pritani, e le sue greche costumanze, anche dopo discesa alla condizione di colonia militare, come al suo luogo diremo; contuttochè già da gran tempo la consuetudine e la frequenza de’ Romani in queste regioni era così influente che i nomi proprii e gentilizii quasi tutti si conformavano alla guisa romana. E tutte queste cose che la storia non chiarisce abbastanza, ci sono comprovate con la irrepugnabile autenticità degli antichi marmi. Sappiamo che i Reggini erano ascritti in Roma a quella stessa tribù, a cui apparteneva la famiglia de’ Cornificii; ma quale fosse questa tribù non ci è manifesto. Durò Reggio nobile e splendido municipio romano sino al termine della guerra tra Cesare Ottaviano e Sesto Pompeo.

Questa gran città Italica però non comprendeva la Sicilia, la quale considerata da’ Romani fuori d’Italia, era chiamata per questo Provincia Suburbana.

IX. Alla guerra sociale succedette la civile tra Mario e Silla, ed a questa la servile attizzata da Spartaco. Il quale di generoso animo essendo, nè portando in pace l’abbiezione, a che era caduta la razza umana sotto la romana prepotenza, mise tutto se stesso a sollevarla (An. di R. 681, av. Cr. 73): e diede tali trafitture a quella repubblica, che se non fosse il valore e la perseveranza di Licinio Crasso, non sarebbe così presto uscita d’impaccio. Crasso, marciando risoluto con potente esercito contro Spartaco, lo scovò dagli Apennini, dove allora si attendava, ed il forzò ad arretrarsi nella Lucania, e da questa nel paese de’ Bruttii. E non perdendolo mai di vista, e costeggiandolo sempre colle sue coorti con avveduta lentezza,

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