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Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. I, Fibreno, 1857.djvu/300

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capo terzo 275   

facevansi grosse ed arditissime, e le pubbliche e private fortune venivano manomesse. Un’infinità di banditi, che profittando de’ tempi torbidi e scorretti s’erano divisi in brigate, e gittati alla campagna e alla strada, cominciavano arditamente ad avventarsi nelle indifese città, ed ogni cosa depredando, assassinavano e mettevano a prezzo le vite degli onesti cittadini, che loro capitavano alle mani. E l’azione governativa, mentre da un verso era dispotica, e si trangugiava avidissima tutte le rendite dello Stato, dall’altra banda non aveva nè il modo, nè la volontà, nè la forza di comprimere, sia le concussioni de’ pubblici uffiziali, sia le aggressioni protratte e temerarie de’ delinquenti.

Al cominciar delle invasioni turchesche, il governo spagnuolo se mostravasi tutto energia ed attività in gravar di nuove tasse i suoi sudditi, per sopperire a’ bisogni della guerra, che bolliva fervidissima contro gli Ottomani in Austria ed in Ungheria, non aveva lena a resistere alle barbare incursioni che si operavano sulle marine dei suoi Stati, ed abbandonava al saccheggio ed all’incendio le pubbliche fortune e gli averi de’ cittadini. Sicchè a lor medesimi era sempre lasciata la difesa delle loro terre e delle loro famiglie, e colla disperazione nell’anima lottar dovevano incessantemente contro barbari, che nè Dio conoscevano, nè leggi, nè umanità; contro barbari che non solo della roba e delle persone s’impadronivano, e facevano strazio, ma anche distruggevano a ferro ed a fuoco le campagne, e le deserte case. In tale stato allora si trovava il reame, in tale stato le sue città, specialmente le maritime; in tale stato fu Reggio per tutto il secolo decimosesto.

Contuttociò è cosa certamente maravigliosa il vedere come in mezzo a tante calamità di barbariche invasioni, d’interne malvagità, di terremoti, di peste, e di tante altre maledizioni che narrerà la storia nostra, Reggio avesse potuto spiegare in tal secolo tanta forza di vita civile e di fede religiosa. I Prelati, il Clero, ed i pubblici Amministratori si adoperavano con lodevol gara al progresso delle civili istituzioni, ed alla miglior direzione dell’elemento religioso e morale. I Conventi de’ Cappuccini, de’ Paolotti, de’ Carmelitani, e de’ Domenicani, il Seminario de’ Chierici, la Casa de’ Gesuiti, il Monastero della Vittoria, la Fontana nuova, la Casa della Città, il Monte della pietà, la Confraternita dell’Annunziata furon tutte fondazioni nobilissime della civiltà e pietà pubblica e privata di quel secolo. Furono allora rifatti in miglior forma i pubblici edifizii; floridissimo il commercio, e ravvivato da due Fiere franche annuali: animatissime le industrie, e soprattutto quella della seta; non