Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. I, Fibreno, 1857.djvu/68

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capo quinto 43   

ciate interiora. Così operando i Locresi mostravano di essersi accorti pur troppo quanto sia loro tornato funesto il dispetto contro i Reggini, che prima condusse alla rovina la repubblica di questi ultimi, ed ora riduceva essi stessi al disperato passo di avventarsi come belve all’odiata progenie del primo Dionisio. Era fatale adunque che i Locresi, collo sterminio della famiglia del secondo Dionisio vendicar dovessero la venerata ombra del reggino Pitone, la cui famiglia era stata disfatta dal vecchio tiranno.

Come sapesse di agrume a Dionisio la rabbia locrese, e la novella che Reggio si era sottratta al suo impero, lascio altrui imaginarlo. Egli si apprestava a lavare nel sangue le offese fattegli da que’ popoli, ma le fondate apprensioni della prossima venuta di Timoleone in Sicilia non gli concessero tempo, nè allora nè poi, di dare effetto alla meditata vendetta.

Affaticati i Siracusani dall’oppressione di Dionisio e d'Iceta, e gli altri Sicilioti dalle guerre civili, nelle quali non allentavano di soffiare i demagoghi che si eran fatti tiranni delle più cospicue città dell’isola, invitarono Timoleone, liberissimo uomo, a venir da Corinto per metter fine all’ambizione de’ tristi. I quali, mentre nelle popolari concioni si mostravano sviscerati della libertà colle studiate orazioni, non covavano altro disegno che farsene signori; e con tali arti Ippone era divenuto tiranno di Messene; Mamerco, di Catana; Iceta, de’ Leontini; Leptine, di Apollonia e d’Engiò; Nicodemo, dei Centuripini; Apolloniade, d’Agirio, e così altrettali di altre città; da’ quali erano continuamente assassinate e mangiate le pubbliche e private pecunie.