Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. I, Fibreno, 1857.djvu/80

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capo settimo 55   

seppe far rifiuto all’istanza de’ Sicilioti. Onde si allestì a passare in Sicilia, quando maggior uopo avea la Magna Grecia della costui presenza. Come subito corse alle orecchie de’ Cartaginesi che Pirro si era deliberato alla passata, si sollecitarono a dargli impedimento come più potessero, e si strinsero in alleanza co’ Mamertini di Messene per combatterlo con più probabilità di successo.

Nè Pirro era lento all’impresa; imbarcati soldati, elefanti ed ogni materiale da guerra, sciolse da Taranto, ed il decimo giorno fu a Locri: donde, lasciatovi il suo figliuolo Alessandro, a cui serbava il futuro dominio d’Italia, prese via per lo Stretto, protetto da sessanta navi che i Siracusani gli avevano inviato per fargli spalla contro i Cartaginesi, ove mai si provassero di contrastargli il tragitto. Ma i Cartaginesi non credettero sicuro consiglio l’attaccarlo, difeso com’era dall’imponente armata nemica. Approdò dunque a Tauromenio, e fecegli lieta accoglienza Tindarione, che ne aveva la Signoria. (Olimp. 125, 3. av. Cr. 278). Da ivi prese le mosse per Siracusa.

V. In questo dibattito di cose i Romani, avvantaggiandosi dell’assenza di Pirro andavano aspreggiando i suoi alleati d’Italia. Cornelio Rufino console, trapassando su quel de’ Lucani e de’ Brettii, da lui messi in rotta, riebbe per tradimento Crotone, e poi Locri. Nè i Lucani ed i Brettii caddero d’animo per questo; ma si rifecero alla pugna. Ciò nonostante alle nuove minacce delle armi romane, comandate dai consoli Fabio Massimo e Genucio Clepsina, non si credettero bastevoli alla resistenza; e mandarono messaggi a Pirro in Sicilia, pressandolo che facesse ritorno in lor soccorso.

Nè al re Epirota incresceva questa chiamata, che gli dava scusa di strigarsi dall’isola, dove que’ medesimi che lo aveano sollecitalo ad andarvi, gli si erano mutati in nemici, come prima s’insospettirono ch’egli, appetendo il principato, si prometteva di avere ad indirizzare a suo arbitrio le cose dell’isola. Il perchè era venuto in odio a quanti avevano in lui imaginato un liberatore, e non vedevano che un nuovo tiranno. Sicchè molte di quelle città che già il favoreggiarono, si erano poscia collegate co’ Cartaginesi e co’ Mamertini contro di lui. Ma il ritorno però gli si rendeva assai pericoloso e difficile; da che i Cartaginesi, i Mamertini di Messene ed i Campani di Reggio avevano fatta contro di lui stretta lega, ed unite le comuni forze di terra e di mare per batterlo e disfarlo alla sua ritornata in Italia.

Egli s’imbarcò a Tauromenio, (Olimp. 126, 2. av. Cr. 275), ma dall’armata cartaginese ch’era assai forte gli veniva vietato di