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Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. II, Fibreno, 1857.djvu/106

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   96 libro ottavo

Caracciolo, il Magistrato municipale, e la più eletta parte della cittadinanza reggina. Quel giorno, mentre chiudeva un triennio di storia dolorosissima, apriva le affaticate menti alla concordia alterna, alle usate consuetudini, ed alle care vicende delle civili e domestiche cure. Il Preside Caracciolo fece via il giorno appresso per Catanzaro; ed in luogo del Ferri venne in Reggio Governatore Carlo Landi. Fattosi il computo, si trovò i morti di peste non avere oltrepassato i cinquemila. Un cinquecento perirono di fame e di stenti; e se ne aggiungi altrettanti (nè furon meno), a cui fu tolto il vivere dal malvagio e memorabile triumvirato del Maony, Ferri, e di Simone, avrai la somma di sei migliaja di morti. E questo valeva che mezza popolazione della città nostra era ita, perchè essa allora non contava che i diecimila; e forse manco.

VII. Terminate le calamità della pestilenza, e le oppressioni dei governanti, gli animi de’ cittadini cominciarono a comporsi alla quiete (1748) e le pubbliche faccende a poco a poco ripresero vita e vigoria. Ma ivi a due anni nacque da piccoli principii una irritazione intestina, che sarebbe al sicuro trascorsa ad azzuffamenti gravissimi, se il governo non vi avesse dato rimedio. Dalla quale nondimeno si mise fra i varii ordini de’ cittadini una tal divisione, che tenne acceso per gran pezza un odio deplorabile tra le nobili famiglie, con detrimento e scandalo publico. Era già assai che molte famiglie di Reggio, cospicue di ricchezze e di meriti civili, mal pativano che il sindacato nobile continuasse a tenersi, quasi privilegio, da trentatrè famiglie, in alcune delle quali era ormai assoluto difetto di beni di fortuna, e di qualità personali. Nè potevano farsi belle che di una sterile nobiltà di sangue; la quale però non correva in tutte antichissima, ed anzi in talune era assai controversa.

Ma qui è uopo, per riuscir chiaro, farmi un poco da lungi, e narrar brevemente le circostanze che diedero origine a questi nuovi dissidii. Già dicemmo nel precedente libro di queste nostre storie come nel 1638, a chiuder l’adito alle brighe, che ormai troppo sovente facevano forza su’ trentasei elezionarii del Parlamento municipale, si fosse introdotta la nuova forma elettiva dell’abilitazione. Questa restrizione che parve allora utile e necessaria, cominciò col tempo a tralignare, come sempre avviene di tutte le umane cose; e lasciò un’altra volta aperto il passo agl’intrighi. Perciocchè vedendosi, che abilitazione valeva il medesimo che nobilitazione, ogni sforzo de’ cittadini, che pretendevano alla nobiltà, era diretto, con mezzi spesso poco onorevoli, a farsi abilitare al sindacato, per ficcarsi nel ruolo de’ nobili. Quando gli otto deputati dell’abilitazione sapevano resi-