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Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. II, Fibreno, 1857.djvu/52

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   42 libro settimo

lui si ammalò. Perilchè il consigliere, che aveva premura di tornarsi in Napoli, dove gravi affari il chiamavano, lasciò la inferma moglie, e con lei don Petrillo in casa del marchese. Per don Petrillo, ch’era una buona pasta di giovine, veder la bella Antonia Alberti, ed esserne preso d’amore caldissimo, fu un punto. E costei, che teneva forse impossibili le sue nozze col barone di Montebello, non si porse discortese alle amorose dimostrazioni del giovine Cortes. Questi fecesi ardito a chieder la mano di lei, nè gli fu negata; ed era ormai fama per tutto che don Petrillo Cortes avrebbe contratto maritaggio con Antonia Alberti, sorella del giovine marchese di Pentidattilo. Questa nuova fece salire in furore il barone di Montebello, il quale tocco al vivo e dal fattogli rifiuto, e dalla preferenza data a don Petrillo Cortes, e dalla incostanza dell’amata donna, giurò in cuor suo una memorabile vendetta; una feroce vendetta di sangue e di sterminio. Da tutti gli atti di lui traspariva il fiero disegno; ed il marchese era esortato da’ suoi amici che pigliasse guardia di sè, perchè al certo il barone gli macchinava contro qualche trama scelleratissima. Ma l’Alberti che avea dolcissima indole, nè sentiva riprendersi la coscienza di aver mai offeso l’Abenavoli, non dava luogo a sospetto alcuno, e continuava tranquillo il consueto tenore della sua vita.

II. Era la sera del sedicesimo giorno di aprile dell’anno 1686, giorno della Pasqua di Resurrezione, quando il barone di Montebello con una banda di quaranta suoi scherani armati di scuri, di pali, di scale, e di altri ordigni bisognevoli al meditato scopo, si avviava verso il castello di Pentidattilo. Non dirizzava i suoi passi per la porta principale, ma per una postierla ch’era alla parte deretana del castello; e questa gli era tosto spalancata dalla perfidia e dal tradimento, o come altri vuole dalla stessa Antonia, che ritornata all’antico affetto, avesse data al barone la posta di lasciarsi rapire. Come che sia, certo è ch’egli, senza aver d’uopo degli apprestati ordigni, s intromise nel castello tacitamente, e senza che persona gli avesse posto attenzione, mise sue guardie a ciascuna stanza, e si recò a dirittura a quella del marchese; il quale inconsapevole della sua crudel sorte dormiva tranquillo nel letto nuziale. Violata così perfidamente la santità del domestico focolare, l’Abenavoli tirò contro il dormente Lorenzo una pistolata, e gli aprì una larga ferita nel collo. Rottogli il sonno così orribilmente, il marchese cercò darsi vita, e gittarsi del letto, ma in quell’istante due archibugiate il colpirono, e lo fecero traboccare esanime sul pavimento. Nè gli bastava tal morte; che il barone con un’atrocità bestiale ed incredibile, a sfo-