Vai al contenuto

Pagina:Spanò Bolani - Storia di Reggio Calabria, Vol. II, Fibreno, 1857.djvu/71

Da Wikisource.

capo primo 61

loro assessore. La terna dell’assessore doveva comporsi di nomi di avvocati reggini.

Addì trenta settembre del 1742 cominciò a riversarsi sopra Reggio una pioggia così diluviosa, ed a fioccare una così grossa gragnuola, che tutti i vetri delle finestre andarono in pezzi, e pareva il finimondo. Durò questa maledizione di temporale a tutto il giorno appresso, e le acque del Calopinace, rotti e soverchiati gli argini in più parti, corsero impetuose in città per la porta di S. Filippo; e si precipitarono giù nella parte inferiore verso il forte Lemos. Ma trovato ivi impedimento nella trincea di quel forte, divertirono la corrente alla porta della Dogana, e per essa sboccando al mare, inondarono lo scalo de’ bastimenti sin presso il forte Amalfitano. Dalla parte esterna della città la furia delle acque ruppe la trincea del forte Lemos, e danneggiò in gran modo i poderi ed il caseggiato della contrada Gabelle. A’ venti di febbrajo dell’anno successivo (1743), ch’era il berlingaccio, fuvvi una scossa di terremoto veementissima, che recò gravissime lesioni a quasi tutti gli edifizii della città, e fece crollare in parte il Convento de’ Carmelitani, ed il luogo nuovo de’ Cappuccini.

IV. Ora è tempo di dar principio al fastidioso racconto della pestilenza, e degli avvenimenti che ne seguirono, i quali fecero della floridissima Reggio un deserto. Ed in questo argomento m’indugerò forse troppo; ma mi scuserà la materia, ch’è unica a memoria di uomini. Dico unica, perchè contiene una mesta e compassionevole vicenda di dolori intensissimi, d’ineffabili sofferenze domestiche, di lutti interminati! È la storia di una perfidia incredibile; perchè la malizia umana operò che il morbo si protraesse, ed infierisse in Reggio assai più che non portava la sua indole, che poteva dirsi benigna, rispetto alla tremenda morìa, la quale in così breve spazio aveva mutata Messina in cimitero!

Sul cadere di marzo del 1743 tornando da Messina un barcajuolo reggino recò la notizia che una tartana genovese carica di grano era arrivata in quella città da Patrasso, con bandiera nostrale e patente netta. Ed avuta libera pratica dopo breve contumacia, era sul mettersi a sbarcar la mercanzia, allorchè si conobbe esservi morti con sospetto di peste, prima il capitano, e poco stante un marinajo. Di ciò corse la fama per Reggio, e posteriori avvisi confermarono il fatto. Per la qual cosa il nostro Consiglio sanitario mise ordine immediato che le barche reggine si astenessero di far tragitto in Messina, sinchè non si trovasse il netto della cosa. Provvide altresì che le marine fossero ben vigilate da frequenti guardie, nè trascurò di