Pagina:Specchio di vera penitenza.djvu/24

Da Wikisource.
XVI elogio di iacopo passavanti.

vago e senza alcuna lascivia ornato, che e’ può giovare e dilettare insieme.»1 Vi è pur del medesimo il volgarizzamento di un’Omilia d’Origene, come ancora l’altra opera intitolata: Additiones vel Commentaria Fr. Thomce de Wallois in libros S. Augustini De civitate Dei; della quale vi è l’edizione di Londra del 1520.2 Fra Iacopo, adunque, dopo aver passati quaranta anni nel servizio del Signore con decoro del suo Ordine e comune utilità, con sentimenti propri di un religioso devoto ed esemplare, nel dì 15 giugno 1337, intorno all’ora di terza, pieno di meriti e di estimazione rese l’anima al suo Creatore. Al di lui funerale intervenne quasi lutto il clero secolare, con gran numero

  1. Del medesimo sentimento fu ancora Leonardo Salviati, nella Lettera a messer Baccio Valori. x 1
    1. Ecco le parole del Salviati, da non tornare inutili, in ispecie per la studiosa gioventù. Al principio di essa Lettera dedicatoria: «Questo libro del Passavanti.... sempre l’ho riputato per una delle più belle prose che fosse scritta ne’ tempi del Boccaccio, quando il nostro idioma era ancora tutto puro.» E al fine della medesima: «Da pochi altri libri possono, per mio avviso, trarre i moderni uomini maggior profitto, che da questo del Passavantì; e ciò specialmente per queste due cagioni. La prima, perciocchè scrisse in un certo mezzo tempo che di leggiesi potè guardarsi da quelle voci che paion troppo antiche, senza bruttarsi col bastardume delle troppo moderne, che dappoi ci hanno portate gli scolastici, i latini gramalici e la miscliianza del nostro popolo; che è quel mezzo che oggi piace, massimamente a’ segretari de’ gran signori. La seconda, per la legatura delle parole, e per lo suono che ne nasce; con ciossiacosacliè, essendo l’Autore stato un gran maestro del ben parlare, solennemente nobililitò lo stile, senza spogliarlo di quella leggiadra semplicità che fu propria di quel buon secolo, e che dappoi a poco a poco s’è rivolta in una cotal tronfiezza e burbanza di favellare asiatico».
  2. Qui va corretto il Padre Gentili, affinchè non sembri che il Passavanti scrivesse l'opera la quale si dice essere di Fra Tommaso Guallense, o non nasca, come in taluno por nacque, il sospetto che invece la traducesse. La correzione consiste nello scrivere Additiones ad Commentaria, in vece di Additiones vel Commentaria; errore che l’elogista copiò (come potemmo accertarci) da memorie manoscritte che sono nel suo convento; e di cui facilmente sarebbesi ravveduto, siccome dell’altro abbaglio di credere fatta in Londra una stampa ch’è veramente di Lione, se avuto avesse sotto gli occhi il libro di cui riferivaci il titolo. Ma non essendo nemmeno a noi toccata una tale fortuna, daremo di esso la descrizione che ne abbiamo trovata in uno dei più accreditali bibliografi: «Divi Aurelii Augustini Hipponensis episcopi ad Marcellinum, De Civitate Dei contra Paganos Libro duo et vigiuti — Cum commentariis Thome Valois et Nicolai Triveth, nec non additionibus Jacobi Passauanti: atque Theologorum veritatibus Francisci Maronis. Effigies Augustini — 1520. Directorium in singulus totius operis libros indice certo congestum. In fine. F. Conradus Leontorius Muibronnensis Lectori amico salutem. — Tum: Opus praeclarum quam diligentissime emendatum atque correctum divi Aureli Augustini De Civitate Dei — Nuper Lugduni aere et impensis providi viri Ioannis Koburger Neremburgensis Bibliopolar per Calcografie gnarum Jacubum Sacon eiusdem civitati croem impressim Anno millesimo quingentissimo vigesimo mensis octobris die XV ad comunem studentium utilitatem tandem vero Dei qui est benedictus insaecula, fol. (panzer, Annales Typographici, Vol. VII, pag. 325). Giova avvertire a prò de’ futuri, come niuno de’ passati biografi del Passavanti ci abbia dato di quest’opera una competente informazione»