Pagina:Sperani - Tre donne, Milano, Galli, 1891.djvu/57

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del capo, il marchio sacerdotale luccicava come un disco d’avorio tra i folti capelli neri, nella luce filata che scendeva dalle alte finestre.

Di tratto in tratto, dopo di avere lungamente ascoltato, pronunciando appena le parole indispensabili, don Giorgio pareva preso da un grande interesse e si metteva a parlare con benevola effusione, curvandosi un poco sul penitente inginocchiato ai suoi piedi. Era la sua una eloquenza semplice e calda, alla portata di chi l’ascoltava: ispirata a una grande pietà. Dal pergamo o in confessione, le sue parole esprimevano quasi sempre un conforto, raramente un rimprovero. Ma egli sentiva l’inutilità del suo ardore; e una stanchezza mortale, uno sfiduciamento scettico s’impadronivano di tutto il suo essere, malgrado gli sforzi della volontà.

Nato in campagna, dotato di un corpo robusto, ricco di una esuberante giovinezza, don Giorgio soffriva specialmente della inoperosità materiale. Felice quando poteva maneggiare la zappa e la vanga nell’orto del presbitero; quando i doveri del suo stato lo portavano nel crudo inverno, o nella cocente estate, da una ca-