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generosa, ma sconsiderata: aveva data la sua parola solennemente. Non c’era rimedio, bisognava tenerla.
Cesare era molto giovane: le idee di una giustizia ideale non erano morte ancora nell’anima sua; anzi, la recente campagna di guerra nella quale aveva combattuto per la libertà d’Italia, aveva rese più robuste le sue massime generose sull’onore, sull’eguaglianza.
Giudicava la propria condotta verso l’Emilia come imperdonabile e ne aveva vergogna. Non cercava di giustificarsi col pensiero ironico ch’ella si sarebbe facilmente rassegnata: sapeva quanto doveva soffrire e ne sentiva rimorso: ma non gli pareva possibile di poter tornare indietro. La posizione della filatrice gli sembrava tanto più desolata, ove egli avesse mancato alla sua parola, che si sentiva assolutamente legato a lei.
E per nulla al mondo non avrebbe osato mostrarle il suo rammarico interno: capiva che l’avrebbe uccisa, e che da parte sua sarebbe stato abbietto.
Ella lo amava tanto, e glielo dimostrava con tanta delicatezza.
Faceva pietà a vedere l’ansia angosciosa con cui ascoltava ogni parola del giovane, e osservava ogni