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mento a se stesso, nel segreto del suo cuore, una medaglia di primo grado, e pensò se mai il cielo potesse essere cotanto ingiusto e inclemente, da non accordargli la rivincita che sentiva di meritare.

Le nozze furono fissate al venturo settembre.

Questa volta il conte sapeva che i due fidanzati si amavano, ma oramai aveva capito che tutto non può andare a fil di spada, che il mondo ha preso il dirizzone, e che per quanto uno si tenga saldo, e diritto, da qualche parte bisogna cascare.

E poi, e poi, la ragazza non gli dispiaceva; era la sola ricca dei dintorni; Cesare era uno scapataccio che premeva di mettere al sodo; e finalmente, questo matrimonio cagionava una rabbia maledetta al suo caro vicino, il quale non poteva poi dissimular tanto bene ch’egli non gli leggesse in cuore. C’erano dunque una gran quantità di motivi che lo persuadevano a chiudere un occhio e a lasciare che i due fidanzati si amassero in santa pace, e si disponessero a mettere al mondo una mezza dozzina di bambini.

Tanto meglio per i due giovani ai quali era dato di godere il frutto di tutte queste alte considerazioni.

Così quell’inverno che Emilia s’aspettava di pas-