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sull’angolo della casa, una sulla facciata sopra la veranda e il giardino, l’altra sul fianco destro verso il bosco. Emma si affacciò a questa finestra e si fermò un momento a guardare gli alberi le cui foglie, che già cominciavano a tingersi nei magnifici colori autunnali, splendevano al sole.

— Mio Dio!... Mio Dio! — susurrò stringendosi le tempie con le palme aperte. — Mio Dio!... faccio bene o faccio male?...

I suoi occhi vaganti sul tranquillo paesaggio, avevano una espressione angosciosa d’incertezza e di paura.

— Sono pur debole! — disse ancora a se stessa dopo alcuni istanti. Poi, come se il sereno spettacolo della natura le avesse ispirato un po’ di coraggio, soggiunse:

— Non devo essere così debole.

Le due suonarono alla Madonna dei Servi.

— È ora di vestirmi — pensò la fanciulla.

Rientrò. Si tolse di dosso l’abito di percalle a fondo chiaro che portava per la casa e ne levò dall’armadio uno di finissima lana, da estate, color sabbia, con ricami in seta e perline, lavoro delle sue mani. La gonna un po’ a strascico e il giacchetto a lunghe falde formavano tutt’insieme un costume serio e modesto che rispondeva ai suoi gusti. Un cappellino di paglia nera, ornato di alcune rose pallide, i guanti lunghi e l’ombrellino, completarono in pochi minuti il suo abbigliamento.