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marsi la notte fuori di casa. — Le due zie Mandelli si ritiravano.
— È l’ora del rosario — sussurrava l’Annetta ridendo nel suo crocchio di fanciulle e di giovanotti.
— Un organetto! un organetto! — gridava il farmacista allegramente. — Passa un organetto. Facciamolo entrare!
Detto e fatto.
Un ballonzolo s’improvvisava nella sala a terreno.
Le ragazze trovavano quella musica molto più divertente del Pleyel così ben suonato dal signor Leopoldo.
Almeno si poteva ballare! Andrea sedeva accanto a sua cugina. Non aveva nessuna volontà di ballare, lui. Cose da ragazzi!
Emma era salita al primo piano. Neppure lei sentiva alcun desiderio di ballare; le pareva che non avrebbe ballato mai più; che ogni spensieratezza giovanile fosse passata per lei.
— Babbo — disse entrando francamente nel salotto e accostandosi al pianoforte — babbo, non scenderai un momento a salutarli prima che partano?
Egli la guardò con indicibile affetto. Affrettò con alcuni accordi la fine di una fantasia che andava improvvisando, e si alzò.
— Hai ragione; ma non sono che le sette e mezzo, e il tram parte alle otto e ventotto. Un’ora è ben lunga!
E sorrise bonariamente. Anche Emma sorrideva.