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112 nell’ingranaggio

che aveva incontrato in società, a Napoli, e siccome lei non poteva per quell’anno recarsi sul lago, perchè aveva fissato con degli amici di passare l’estate a Sorrento, la invitava a recarsi da lei, che appunto aveva bisogno di una segretaria perchè si stancava troppo a scrivere e avrebbe preferito dettare. La segretaria poi le avrebbe anche fatto da lettrice.

Letta la lettera, Gilda la chiuse sotto chiave per rimaner libera di accettare o no, senza subire i consigli di sua zia, o peggio le possibili opposizioni di suo padre.

Quella stessa sera, vale a dire la sera precedente a quella bella giornata di primavera in cui Caterina Mauri andava fino alla portineria di casa Vimercati, Pietro Mauri, mezzo brillo, al solito, si era tirato in casa dei suoi amici coristi, coi quali aveva gozzovigliato, imponendo a Gilda di star là insieme a loro, a sentire i loro scherzi e le loro parolacce. In compenso, la Caterina le aveva fatto recitare il rosario prima di addormentarsi, per cacciare le tentazioni. Come se quelle potessero essere tentazioni per lei!

Veramente era troppo.

Il suo carattere indipendente, la sua indole fiera e appassionata, ora si ribellavano con la più grande violenza.

L’avevano tormentata al di là di quanto la sua pazienza potesse sopportare, gli uomini e le cose si erano messi d’accordo contro la sua pace. Per fierezza, per generosità, aveva rinunciato al suo amore; aveva lasciato un posto che le conveniva; s’era rassegnata alle umilianti condizioni che le faceva suo padre, pronta ad accettare un umile