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binato le cose con molta diplomazia, in modo di riunire nella loro casa, sotto la rubrica estesissima di amicizie personali, tutti i più bei nomi della stampa milanese e torinese, e vari corrispondenti di giornali italiani delle altre città e di giornali stranieri, senza nessuna distinzione politica. L’importante era che tutti i giornali, che avrebbero parlato di quella festa, portassero ai sette cieli la raffinata ospitalità del Banchiere Pianosi e la magnificenza con cui aveva decorata la sua villa; esaltando nel medesimo tempo, con discreta idolatria, la bellezza e lo spirito della signora.

L’avvocato Blendano, un giovinetto biondo, molto attillato, aveva preso appunti fin dal mattino, e il suo giornale aveva già ricevuto due telegrammi, nei quali erano descritte fra le altre cose, le toileties che la signora aveva indossate: quella del pranzo, composta di una lunga redingote a fondo di armure, acciaio brunito, con piccoli broccati in forma di romboidi di velluto, fraisè écrasée du matin; poi quella magnifica, tutta in raso crème e blonda ricamata in oro, un vero abbigliamento da dea, con cui aveva fatto la sua comparsa sulla terrazza illuminata da fuochi del bengala rossi: un effetto irresistibile. Nella corrispondenza scritta, poi, egli si riservava di parlare anche delle altre signore, e specialmente degli occhi della prima donna, signora Laurina Mantrilli, al cui splendore impallidiva miseramente il gaz e perfino la luce elettrica.

Un altro giornalista, di tono più grave, l’ingegnere Santini, s’era attaccato al Banchiere, e lo andava interrogando abilmente, avendo l’aria di