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nell’ingranaggio 313

fissi sulla entrata, allorchè, qualche minuto dopo una bimba vi si affacciò e rimase ferma sul limitare guardando curiosamente. Il suo cuore battè con violenza. Ella aveva riconosciuto la graziosa figuretta di Lea. S’irrigidì tutta e chiamò a soccorso tutte le sue forze perchè la commozione soverchiarne non la tradisse. Quello era per lei il momento terribile, in cui il soldato coraggioso, che va fieramente incontro alla morte, entra nel folto della mischia e si sente impallidire e gelare per una sensazione più forte della sua volontà.

A Lea tenne dietro la governante, figura scialba e bonaria, poi la signora Edvige, in mantello da viaggio tutto orlato di lontra, il tocco di lontra posato sui capelli biondi e contornato da una veletta azzurra, che le copriva una metà del viso, come una mascherina graziosa. I suoi occhi sfavillavano: la sua andatura, il suo vago sorriso, certi scatti giovanili, tutto esprimeva la profonda soddisfazione dell’animo suo.

Ella sedette quasi di fronte a Gilda e fece sedere Lea al suo fianco, mentre la governante si occupava degli scialli e delle valigie. Gilda guardava intensamente quella donna così contenta: quella bimba tanto cara al suo cuore.

E Giovanni? Avrebbe aspettato l’ultimo momento? Per così poco doveva esserle concesso di vederlo?

Ella spasimava in una ansietà inesprimibile. Finalmente sentì la sua voce nel corridoio.

Salutava il signore con cui si era intrattenuto: un’altro deputato, al quale diceva: a rivederci.

Ella si premette tutte e due le mani sul cuore.

Giovanni entrò nella sala, portando ancora nel-