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IL PRIMO INCONTRO COL MOSTRO.


L

a mamma aveva spento il lume da una mezz’ora con la solita intimazione:

— E ora, basta ciarlare! — fatta a me e a Lina.

Lina si era subito voltata dall’altra parte; io non riescivo a pigliar sonno. Nella camera buia, i miei occhi spalancati guardavano l’oscurità e vedevano un mondo d’immagini e di fantasmi. Marino era stato con noi tutta la sera e la mamma gli aveva dato a leggere la lettera del babbo che acconsentiva alla sua domanda e fissava il nostro matrimonio per quest’autunno, quando lui sarebbe tornato a Milano. Era stata una serata allegra per tutti. Lina aveva suonato benissimo il suo Beethowen e Marino aveva cantato la romanza del Trovatore.

La mamma, che non rideva quasi mai dacchè il babbo aveva dovuto allontanarsi dalla casa, si era messa di buon umore all’idea del vicino ritorno di lui, e della mia felicità assicurata. Io sola ero come oppressa dalla mia gioia: sentivo il bisogno di raccogliermi e di assaporare tutta la dolcezza di quel momento. Mi pareva che quello fosse il punto più luminoso, più alto della felicità mia; oltre il quale non si poteva salire, perchè la via s’allargava in un vasto piano