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Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/177

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Fu una doccia gelata. Al momento nessuno fiatò. Primo il Pagliardi si lasciò sfuggire una risatina; poi, Leonardo, un singhiozzo. Luciano Monti balzò in piedi dimenando le braccia, pallido come uno spettro; poscia ricadde sui guanciali del divano. Passato il primo sbalordimento, l’Elisa si buttò su quella sbarazzina di Angelica e si die’ a picchiarla come una lavandaia, senza alcun rispetto per il bel vestito di crespo bianco della fanciulla, nè per il proprio, elegantissimo di moire verde mirto. Angelica strillava nuove insolenze.

Il Pagliardi, indignato, afferrò sua cognata per la vita, la trascinò via, le ordinò di quietarsi.

In quel momento arrivò il dottor Monti e si fermò sulla soglia intontito. La signora Ersilia, aiutata da Antonietta e Maria, cercava di far tacere l’Angelica che si dibatteva disperatamente in una crisi di nervi. Leonardo guardava la brutta scena con gli occhi sbarrati, paralizzato dallo sgomento.

— Canaglia! — gridava la madre, mortalmente offesa nel suo orgoglio come se le avessero gettato in viso una manata di fango nell’ora del massimo trionfo. — Canaglia! Son tutte menzogne! Tutte invenzioni tue!...

— Non è vero! Non invento nulla. E la verità. Si strappò il velo dal capo e lo lacerò; buttò i fiori d’arancio sotto il letto. E non voleva saperne di andare in Municipio. Era pre-