Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/215

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lineamenti aperti avevano un’espressione buona e un raggio d’intelligenza negli occhi stanchi, cerchiati da larghi lividori.

— Ebbene — domandò il giovine, avendo prima risposto cortesemente al saluto di quell’uomo. — Io non la conosco. Chi è? Cosa vuole?...

L’altro si fece animo.

— Scusi, la prego. Non sono un ladro, nè un mendicante: sono un artista decaduto. Una volta fui celebre. Permetta che non le dica il mio nome. Ora canto nei caffè, nelle osterie, per le strade, dove capita. Due disgraziati come me mi accompagnano con la chitarra e il violinosi vive... la mia voce, piace ancora. Ma sono stato poco bene e ho dovuto riposarmi. E ora vede come sono ridotto.

— Vedo... Ma io ho pochi denari in tasca....

— Oh, non le chiedo del denaro! Scusi... Non vorrei scendere a questo... Ella è della mia statura.... il suo piede mi pare della misura del mio... Se ella potesse favorirmi un paio di scarpe meglio che queste... e un cappelluccio... Scusi, sa!

Vi erano delle lagrime nella voce di quell’uomo.

— Avrei anche un vestito! — esclamò Riccardo sorridendo. — Deve andarle bene.

— Grazie, signore. E dove dovrò recarmi?...

Riccardo stava per dare il proprio indirizzo; una sottile diffidenza lo trattenne.