Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/294

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samente, un picco superbo, una cresta biancheggiante: una forma bizzarra. Più in là i grandi monti: i Corni di Canzo; un dorso nero, colossale, irto di punte acuminate a sega: il Resegone; e più lontano altre creste, altre cime confuse, addossate le une alle altre, avvolte come in un velo azzurro, con sfavillanti corone di topazi, di brillanti: e il lago in fondo, celeste, verdognolo, bianco come l’argento, e immobile come uno specchio, corruscante al sole come una lama di acciaio; qua stretto come un nastro, là, improvvisamente ampio.

Sebbene assorta in sè e preoccupata dalle cose che stava per dire, Maria non resisteva all’ammirazione che sorge istintiva in ogni animo gentile dinanzi ai meravigliosi spettacoli della natura.

— Che bel paese! — esclamò quando furono giunti sull’altura, all’ombra dei grandi castagni.

— Pare impossibile che la gente debba essere anche qui meschina e vanesia, o rozza e feroce....

Tacquero nuovamente.

Un pastorello che saliva l’erta cantando dietro a una piccola mandria li salutò sorridendo. Quando si fu allontanato, si voltò per vederli ancora e tornò a sorridere.

— Ci crede due amanti felici, Maria, quel ragazzo!

— Tutti sognano l’amore e si ubbriacano e si avvelenano. Anch’io l’ho sognato e il sogno