Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/34

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Rispose Riccardo:

— Siamo allo scuro perchè non c’è mezzo di accendere un lume. La donna è andata a comperare il petrolio e le candele.

— Ho capito! — esclamò la signora, che, in fondo, avendo pranzato bene si sentiva di buon umore e avrebbe riso volentieri. — Ho capito anche il bisticcio. Tu Riccardo avrai tuonato contro il disordine di questa casa, la sventatezza delle tue sorelle e, magari, di tua madre, senza riflettere che in un giorno come questo non si poteva aver tempo nè testa per occuparsi di certe miserie.

— Io non ho mai detto una parola contro di te, mamma — protestò il giovane con voce grave.

— Sono qui, sono qui — gridava la Caterina dall’anticamera, con l’affanno per la corsa che aveva fatto.

— M’è toccato andare fino in piazza Beccaria, da quel droghiere che non chiude mai.

La luce fu fatta e i volti si rischiararono.

I Pagliardi entrarono nella sala e sedettero sul vecchio divano. L’Angelica si affrettò a levare la tovaglia che era rimasta sulla tavola.

— E l’Erminia? E Giorgetto? — domandò la zia Ersilia.

— Dormono. Li ho messi a letto perchè erano stanchi morti. Hanno fatto il diavolo sulla strada del funerale. Mi hanno fatto disperare. Oh, sono abbastanza stufa di far la bambinaia!