Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/342

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amavi? Quante belle passeggiate come questa avremmo potuto fare... quanti bei giorni perduti!... No, no, non accigliarti così. Non ti rimprovero. Ti ringrazio in ginocchio, ti adoro... La tua divina bontà mi lega a te per la vita.

Un pallido sorriso sfiorava le labbra della fanciulla. La vita per lei doveva finire quel giorno: la sua dedizione era una sentenza di morte. Sarebbe ella andata altrimenti a quell’appuntamento? Mai più. Abituata dalle contrarietà a diffidare, a dubitare, educata dall’avvocato Pagliardi a scrutare il fondo delle cose con inesorabile pessimismo, ella non poteva illudersi su quel passo arrischiato, nè accogliere nel suo cuore fantastiche speranze. Una signorina come lei, cresciuta nel più profondo rispetto delle convenienze, andare ad un appuntamento, così, con un uomo del quale pensava che non l’avrebbe sposata mai?... No. Ella non era capace di una ribellione così formidabile: sapeva troppo bene che una signorina povera non può ribellarsi alle convenzionalità che la imprigionano, sotto pena di perdere l’amore dell’uomo stesso al quale si abbandona, e di uscire dal seno della famiglia per cadere nell’obbrobrio. Giunta al punto estremo della sua resistenza, non potendo più sopportare i rimproveri dell’amato, nè respingere le sue preghiere nell’ora fatale in cui egli era chiamato ad affrontar la morte, ella aveva risoluto di ce-