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fuori per la circostanza, offriva dei rinfreschi che nessuno toccava.
Un signore la interrogò su gli ultimi momenti della morta. Ella rispose con brevi parole, un po’ seccamente e sopra pensiero.
La «nonnina» (era la sua bisnonna) doveva essere morta improvvisamente, durante il sonno poichè nessuno se n’era accorto. Il giorno prima stava bene; aveva mangiato di buon appetito e si era coricata tardi, come al solito. La mattina, portandole il caffè, l’avevano trovata morta. La donna di servizio che dormiva nella camera accanto non aveva udito nessun rumore.
— Chi le portava il caffè? — domandò una vecchia signora, piccola e tozza, dal viso giallo. — Tu Angelica?
— No, signora Tadini; io non ci andavo quasi mai. Di solito era mia sorella Eugenia; ma ieri l’altro fu la Maria...
— Ah! la Maria Clementi... la vostra cugina... Avevo sentito che era andata maestra a Saronno — osservò un’altra signora, che portava con molta soddisfazione un abito di drappo nero tutto guarnito di volpe azzurra.
— Sì, due anni fa. Adesso ha ottenuto il posto a Milano...
— Angelica! — chiamò una voce affannata dal corridoio. — Angelica! La fanciulla depose la bottiglia dell’acqua di cedro sulla tavola accanto al vassoio con i bicchierini, e se ne andò.