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mentre fingeva di seguire le vicende di una partita a scacchi eseguita da due abilissimi giuocatori. Sognava un passato lontano, uno stato di cose irreparabilmente distrutto.

I Saint-Morlain, nobile e ricca famiglia di Brettagna come i marchesi di Verdier, avevano al pari di questi, latifondi e castelli, fede monarchica e profondi sentimenti religiosi. Erano vicini, i loro fondi si toccavano, i loro castelli si stavan di fronte: un’antica amicizia li univa: negli anni in cui il marchese rimasto presto vedovo, lasciava la piccola Bianca al castello in compagnia d’una governante attempata, in quei lunghi anni Paolo si era trovato assai spesso con la piccola castellana. La signora di Saint-Morlain, che non dimenticava l’amica morta nel fiore dell’età, amava l’infelice orfanella e le prodigava quella tenerezza materna di cui i piccoli cuori infantili hanno tanta sete. Tutte le feste Bianca era ospite al castello di Saint-Morlain, e non di rado vi rimaneva più d’un giorno. Paul e sua sorella Maddalena erano felici di quella graziosa compagnia. Più d’una volta, come accade tra ragazzi che giocano insieme, il fanciullo aveva detto alla bimba: «Quando saremo grandi tu diventerai la mia sposa». Poi, egli era entrato alla scuola militare di Fontainebleau e poco dopo Bianca fu messa in educa-