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152 la dama della regina

Bianca di Verdier, se pure non penetrava in fondo all’anima del suo singolare innamorato, ne intuiva il nobile amore e gli era grata di quella discretezza, di quel tenero, rispetto, per cui ella poteva concedersi il piacere di tenerselo al fianco, di discorrere a lungo con lui, chiamandolo col dolce nome di amico. Ella sentiva per lui una viva simpatia; quanto più imparava a conoscerlo, tanto più lo apprezzava. Egli le piaceva anche per le sue contraddizioni, per le sue bizzarrie, perchè da queste pure traspariva l’animo generoso e delicato.

Così la giovine vedova che non voleva più amare, si abbandonava ai teneri sentimenti e si compiaceva certo di avere ispirato un così nobile amore all’uomo più interessante ch’ella avesse conosciuto nel suo esilio.

Lo amava? È probabile ch’ella non si ponesse tale quesito. Forse non vi pensava neppure. Parlando di lui, qualche volta, con Elena, lo lodava sempre; ma lodava anche Aurelio, senza però nascondere la sua preferenza per Ettore, che ella diceva più vivace, più originale, plus curieux.

A volte ella esternava una specie di meraviglia che gentiluomini così distinti si rassegnassero a vivere in un ambiente così ristretto, o in quella «triste Venezia». Ma non accennò