buona sorte della cagion d’essi: percioché assai meglio è per
voi, conte, morire, che gioir per qualunque. Ma che fo io?
Perché senza bisogno tengo V. S. troppo lungamente a noia,
ingiuriando anco le mie rime, quasi che esse non sappian dir
le lor ragioni, ed abbian bisogno dell’altrui aita? Rimettendomi
dunque ad esse, farò fine, pregando V. S., per ultimo guiderdone
della mia fedelissima servitú, che nel ricever questo
povero libretto mi sia cortese sol di un sospiro, il quale
refreschi cosí lontano la memoria della sua dimenticata ed abbandonata
Anassilla. E tu, libretto mio, depositario delle mie
lagrime, appreséntati nella piú umil forma che saprai, dinanzi
al signor nostro, in compagnia della mia candida fede. E, se
in recevendoti vedrai rasserenar pur un poco quei miei fatali
ed eterni lumi, beate tutte le nostre fatiche e felicissime tutte
le nostre speranze; e cosí ti resta seco eternamente in pace.