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ii - rime di baldassarre stampa 213


XXXII

Ad un amico saggio ed eloquente.

     Signor, il cui fedel, saggio consiglio
eva da la mia mente il fosco velo,
e mi dimostra per qual modo al cielo
si poggi, e l’uom del suo Fattor sia figlio,
     qui lo star senza voi parmi un essiglio;
ma pur quel che m’affligge ardente zelo
sana l’istessa doglia, che mal celo,
e col portarmi a voi m’allegra il ciglio.
     Cosí l’amor con dui contrari effetti
m’inforsa, ond’io non so se l’esser mio
lontan m’addogli o me vicin diletti.
     Ma, com’ognor mirarvi e udir disio
l’alta eloquenza e i vostri alteri detti,
cosí di me non entre in voi l’oblio.


XXXIII

Ad un gentile e cortese signore.

     Signor gentil, che ’n dolci e stretti nodi
legate ogn’alma al vostro degno amore
e date a questa etá vero splendore
con le proprie virtuti in mille modi,
     come poss’io narrar le tante lodi,
s’ogni alto stile cede al vostro onore?
come tacer, se ’l mio leggiadro ardore
vuol pur ch’a dir di voi la lingua snodi?
     O vera pietra, forte, intera e salda,
u’ cortesia fermato ha il proprio seggio,
e ’n cui s’appoggia il mio sperar non vile,
     s’al soggetto, che date, e alla mia calda,
altera voglia, ugual deste anco stile,
di voi piú chiaro al mondo alcun non veggio.