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286 veronica franco

     133Vorreil dal suo mal libero vedere,
perché tanto da lui mi sento amata,
e perch’ei langue fuor d’ogni dovere;
     136e, come donna in questa patria nata,
vorrei ch’ov’ha di lui bisogno andasse,
e ch’opra a lei prestasse utile e grata:
     139le virtú del suo corpo afflitte e lasse,
per ch’ei ne gisse ov’altri in Creta il chiama,
grato mi fòra ch’ei ricuperasse.
     142Del suo nobil valor la chiara fama
fa che quivi ciascun l’ama e ’l desia,
e come esperto in guerreggiar il brama.
     145Dategli, venti, facile la via,
e, perché fuor d’ogni molestia ei vada,
la dea d’amor propizia in mar gli sia;
     148sí che con l’onorata invitta spada
a la sua illustre immortai gloria ei faccia
con l’inimico sangue aperta strada.
     151Ciò fia ch’ai mio voler ben sodisfaccia,
poi che, rimosso questo impedimento,
il mio amor sempre avrò ne le mie braccia.
     154E, se costui perciò parte scontento,
ch’ad altro ho ’l core e l’anima donato,
rimediar non posso al suo tormento.
     157E che poss’io? Che s’egli è innamorato,
io similmente il mio signor dolce amo,
e’l mio arbitrio di lui tutt’ho in man dato.
     160A lui servir e compiacer sol bramo,
valoroso, gentil, modesto e buono;
e fortunata del suo amor mi chiamo.
     163Lassa! che, mentre di lui sol ragiono,
né presente l’amato aspetto veggio,
da novo aspro martir oppressa sono;
     166e pietra morta in viva pietra seggio
sopra del mio balcone, afflitta e smorta,
poi che ’l mio ben lontano esser m’aveggio.