Pagina:Stampa, Gaspara – Rime, 1913 – BEIC 1929252.djvu/354

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348 veronica franco

     388però ch’altrove d’improviso mira
gente ch’ai visco ed a le reti stese
schiera d’augelli accortamente tira.
     391In queste e quelle insidie non comprese
di quei c’han maggior prezzo a le gran mense
vengon tutte le sorti in copia prese.
     394A chi stender piú franco il volo pense,
piú facilmente incontra d’esser còlto
ne le non viste reti, ancor che dense.
     397Ma’l tuo sguardo, che va d’intorno sciolto
da questa novitá de ruccellare,
vien da un altro piacer piú novo tolto;
     400perché dinanzi ad abbagliarlo appare
del sol un raggio, il qual mandan reflesso
Tacque d’un fonte cristalline e chiare.
     403E l’occhio, alquanto chiusosi in se stesso,
dopo quel vacillar s’apre, e ritorna
a guardar quivi dentro l’ombra presso:
     406e di smeraldi in fresca riva adorna,
di liquido cristal sopra un ruscello,
vede ch’altri a pescar lento soggiorna:
     409l’amo innescato tien sospeso in quello,
e con la canna in man fermato attende
che ’l pesce cada al morso acuto e fello.
     412Altri con reti in varia guisa il prende,
e, con piè nudi da la sponda sceso,
frugando per le buche il laccio stende:
     415si lancia e scuote il pesce vivo e preso,
né cessa di saltar per fin che more,
tratto del fonte in un pratel disteso.
     418Vince di questo il soave sapore
quel di quant’altro mai stagno o palude
alberghi, o fondo salso o dolce umore.
     421Nulla di quel, che in sé beato chiude
un terrea paradiso, un ciel terrestre,
dal paese amenissimo s’esclude.