Vai al contenuto

Pagina:Stampa, Gaspara – Rime, 1913 – BEIC 1929252.djvu/63

Da Wikisource.

i - rime d'amore 57


XCIX

Invano attende il suo ritorno, o un messo fidato.

     Io pur aspetto, e non veggo che giunga
il mio signor o ’l suo fidato messo
al termin che da lui mi fu promesso:
lassa! ché ’l mio piacer troppo s’allunga.
     Ond’avien che temenza il cor mi punga,
che qualche intoppo non gli sia successo:
o ch’ei sol pensi in me quanto m’è presso,
e l’assenzia il suo cor da me disgiunga.
     Il che se fosse, io prego morte avara
che venga in vece sua, poi ch’ei non viene,
a trarmi fuor di téma e vita amara.
     Ma, se giusta cagion me lo ritiene,
io prego Amor, ch’ogni fosco rischiara,
ch’apra la via, ond’io vegga il mio bene.


C

Egli ritorna!

     O beata e dolcissima novella,
o caro annunzio, che mi promettete
che tosto rivedrò le care e liete
luci e la faccia graziosa e bella;
     o mia ventura, o mia propizia stella,
ch’a tanto ben serbata ancor m’avete,
o fede, o speme, ch’a me sempre sète
state compagne in dura, aspra procella;
     o cangiato in un punto viver mio
di mesto in lieto; o queto, almo e sereno
fatto or di verno tenebroso e rio;
     quando potrò giamai lodarvi a pieno?
come dir qual nel cor aggio disio?
di che letizia io l’abbia ingombro e pieno?