Pagina:Steno - La Veste d'Amianto.djvu/170

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vita, la fiamma dell’amore. Sapeva che non dalla pietà nasce l’amore e che tutto tutto avrebbe potuto essere per lei Ettore Noris — l’amico, il fratello, il sostegno, il consolatore — tranne che l’amore! Eppure, le parole e l’atteggiamento di lui che venivano a confermare la sua convinzione, la straziavano, adesso, fin nell’intimo.

Era come se un dolore nuovo si aggiungesse ai suoi dolori per piegare definitivamente la sua povera esistenza.

Accasciato ai suoi piedi, Ettore Noris ripeteva piano, con una lontana voce implorante che pareva cercare un aiuto, una ispirazione:

— Bisogna ch’io vi salvi, Susanna!

— Come volete fare?

— Troveremo, vedrete, troveremo. Ditemi soltanto che voi vorrete ancora vivere!

— Povero Noris! come potete illudervi ancora? non avete veduto ch’io sono il fantasma della creatura che voi avete conosciuto? o vi ha ingannato e vi illude la febbre che mi ha sostenuta e mi sostiene mentre vi parlo? È febbre, non forza. Sentite le mie mani. E sentite la fatica che io faccio per parlarvi. Non ho più respiro. Quando voi ve ne sarete andato, io sconterò questo sforzo con una prostrazione dalla quale uscirò affranta. O colla fine....

— Susanna!

Poichè le ultime parole di lei si erano spente in un soffio, egli fu in piedi in un balzo, tremante e pallido come di fronte a un’agonia.

— Nulla, non è nulla, — fece Susanna riprendendosi. — Voi che avete tanto coraggio, — disse con un melanconico sorriso, — vi lasciate impressionare per così poco? Volete un po’ della mia forza? Su: cercate di essere sereno perchè io non sia così triste. E non piangete più. Pensate che questi momenti son brevi e preziosi. Fra poco, voi ve ne andrete....

— No, Susanna, no.

— Davvero? resterete qui?

— Ci starò fin tanto che voi vorrete.