Pagina:Steno - La Veste d'Amianto.djvu/219

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do che ancora adesso ella sentiva in fondo all’anima come una garanzia e come una promessa.

La sua convinzione non aveva più conosciuto dubbio da allora.

E adesso, mentre Noris la pensava forse angosciata, sotto l’incubo del possibile destino tragico che poteva essergli toccato, ella rassicurava invece Ugo che subiva l’impressione di sgomento diffusa dalla notizia della tempesta comunicata proprio allora.

— Una tempesta: ebbene? È forse la prima volta che Noris ne affronta?

— In quelle condizioni, sì.

— Egli saprà trionfare anche ora, come sempre.

Ugo obbiettava:

— Voi non tenete conto delle condizioni di stanchezza in cui deve trovarsi. Una tempesta, affrontata dopo un’ora di volo, può essere un giuoco per un aviatore della forza di Noris, ma dopo venti ore di sforzo e di tensione diventa un pericolo dieci volte più grave.

— Per qualunque uomo che non sia Noris, sì.

Minerva Fabbri aveva pronunziato queste parole tranquillissimamente. Ugo alzò gli occhi verso gli occhi sereni della fanciulla con una interrogazione in fondo alle pupille.

— Così tranquilla voi siete? — egli chiese.

— Così.

E Minerva Fabbri sorrise.

— Voi non temete dunque nulla per lui?

— Io credo nella sua forza e la credo più forte del pericolo.

Un raggio brillò negli occhi, del giovinetto. Quella fede assoluta compenetrava lui pure e fugava l’ambra del turbamento che la trepidazione e l’affetto avevano diffuso sulla sua anima. Egli guardò Minerva con ammirazione. Non nutriva troppa tenerezza per l’allieva di Noris orgogliosa e inaccessibile ma la fede e la reverenza che ella nutriva pel comune maestro lo riconciliavano con lei. Era grande e bella come una religione quella sicurezza assoluta nel trionfo dell’invincibile.