Pagina:Steno - La Veste d'Amianto.djvu/267

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no sensibile dalla possibilità che ella aveva di vivere quasi nella casa di lui.

Che avrebbe fatto lontana, sola, senza 11 conforto di vederlo, di sentirlo nominare dagli amici comuni, di seguire istante per istante la sua vita? Forse, la sua energia e la sua volontà sarebbero riuscite a trascinare pel mondo il suo povero corpo, ma il suo spirito e il suo cuore sarebbero sempre stati a Cassano.

No, non era possibile partire in quelle condizioni. Piuttosto bisognava apparecchiarsi alla lotta nuova per quando Noris fosse tornato: offrire a lui e agli amici indagatori una Minerva in tutto simile all’antica, saggia come quella e come quella serena e imperturbata.

Il singolare discorso tenutole da Paolo Adelio intorno alla pretesa, crisi che ella attraversava, valse a mutare in fermo proposito la sua vaga risoluzione. Comprese a un tratto che la vita di solitudine, di silenzio, di poesia — come diceva Lorenzo Rolla — alla quale ella s’era abbandonata seguendo l’accasciamento del suo spirito, autorizzava delle induzioni che a poco a poco avrebbero condotto alla scoperta della realtà.

Bisognava scuotersi: uscire dal sogno, rientrare nella vita. Per qualche ora, colla impulsività eccessiva che era propria del suo temperamento, ella nutrì anche il proposito di abbandonare Cassano e di ritornare a Genova. Poi, appena accolto, il proposito la riempì di malinconia. No, non poteva staccarsi da Cassano. Cercò so trovasse qualche pretesto giustificativo della sua presenza lassù. Il pretesto c’era e valido quanto una solidissima ragione: la stagione. Si era alla fine di luglio e a Genova si soffocava. Naturale che ella cercasse un ristoro contro la canicola e che proferisse il soggiorno della campagna a quello della città. Nessuno poteva, trovare strana quella sua risoluzione. Piuttosto, era meno naturale che ella non sentisse la noia della solitudine.

Bisognava accettare le sollecitazioni degli ami-