Pagina:Steno - La Veste d'Amianto.djvu/294

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nerva e perchè nulla nel suo contegno tradisse il suo turbamento interiore si impose il còmpito di sorvegliare ogni gesto, ogni parola.

Quando Minerva tornò all’aereodromo, fu stupita di trovare un Noris più freddo, più chiuso, più circospetto dell’amico di un tempo, un Noris che evitava di restar solo con lei, di parlarle senza bisogno, di guardarla, persino. Sulle prime quella scoperta la sorprese, poi la riempì di gioia, poi la sdegnò.

Non si era dunque ingannata il giorno in cui aveva veduto tremare nello sguardo del giovane la luce nuova che scopriva la sua anima sino in fondo. Si era ingannata, invece, quando aveva creduto nella vittoria del suscitato amore sulla ignorata nemica d’oltre tomba. Ancora a quella avrebbe arriso la vittoria nel duello che aveva per posta la felicità e l’infelicità di tutta la sua vita.

Cominciò a odiarla come avrebbe odiato una rivale viva e le parve di coinvolgere in quell’odio che era strazio e disperazione anche Noris. Perchè, perchè si ostinava in quella fedeltà sterile e inutile che era resistenza e offesa a tutti i richiami della vita? Perchè non si ribellava alla morta implacabile che voleva come omaggio d’amore tanto tributo di spasimo imposto e sofferto?

La frase sfuggitale un giorno a New-York, discorrendo con Noris, le ritornava adesso insistente:

— Così, una rottura d’aneurisma è diventata la tragedia di tutto una vita!

Ma le tragedie si moltiplicavano intorno alla tomba che pareva chiudere un idolo implacabile e sinistro e la ribellione vana alterava, oltre il carattere, anche il cuore di Minerva, la rendeva aspra, sarcastica, amara, cattiva.

Ugo sarebbe stato il compagno di viaggio di Noris nella traversata da Genova alla Corsica.

Minerva Fabbri avrebbe accompagnato l’aviatore nel breve volo da Cassano a Genova. Ella gli aveva chiesto questo favore, presenti gli amici