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— Bisogna agire subito — disse Van Helsing. — Tutti i nervi motori sono colpiti. Bisogna fare la trapanazione senza indugio.

In quel momento fu bussato all’uscio.

Apersi e vidi Arturo e Quincy in pigiama.

— Possiamo essere utili a qualche cosa? — chiesero.

— Sì, entrate.

In poche parole li mettemmo al corrente. Van Helsing rimboccò le maniche per l’operazione; il suo viso non mi rassicurava affatto. Purché il disgraziato non spirasse prima di avere parlato! Non respirava che a sbalzi.

— Spicciamoci — disse Van Helsing — praticherò l’apertura verso l’orecchio.

Con mano abile e sicura maneggiava i suoi utensili.

A un tratto il malato emise un profondo sospiro e aperse gli occhi senz’aver l’aria di vederci.

Lentamente rinvenne e finì col riconoscerci.

— Starò tranquillo, dottore, dite loro di togliermi la camicia di forza. Ho fatto un sogno orribile che m’ha lasciato molto debole. Mi duole la faccia, perchè?

Volle voltare la testa, ma lo sguardo diventò vitreo, credetti che stesse per morire.

— Che avete sognato, Renfield? — interrogò Van Helsing.

Il viso del malato s’illuminò:

— Ah! siete voi. dottor Van Helsing! Come siete buono d’essere venuto!

«Ho sognato...

Non potè dir di più.