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davanti la porta e scambiò alcune parole con qualcuno che si trovava al di là di essa. Non osai accostarmi per timore di farlo fuggire, ma potei udire queste parole:

— Sono venuto alla vostra chiamata, o Maestro, sono il Vostro schiavo e vi servirò fedelmente. E molto tempo che io Vi adoro, e spero mi vorrete ricompensare nella stessa guisa.

I miei uomini gli si gettarono addosso; egli si dibattè come una tigre; questo uomo sembra una belva più che un essere umano. Non ho mai veduto in nessun pazzo un tale parossismo di rabbia. Al presente, è al sicuro; gli hanno messo la camicia di forza, legandolo al muro con catene.

Lancia grida orribili.

Poco a poco si calma e dice:

— Sarò paziente, Maestro, l’ora verrà, l’ora verrà.

20 agosto.

Il caso di Renfield diventa sempre più interessante. Per una settimana parve un forsennato; poi, una sera, mentre la luna sorgeva, si calmò di botto, mormorando:

«Adesso, posso aspettare.»

Che spera? Ho dato l’ordine al guardiano di slegarlo. I guardiani esitavano. Il pazzo s’accorse della loro diffidenza e non appena libero si accostò a me mormorandomi all’orecchio:

— E dire che si figurano che io possa mai farvi del male, a voi!

Vede in me un amico oppure vuol lusingarmi per ottenere un favore? Cerco invano di farlo parlare; nulla lo tenta, neppure l’offerta d’un gatto.