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un po’ di storia 389

apuane, torreggianti sulle rive del mare Tirreno e, relativamente parlando, così prossime a Roma. Tant’è: per testimonianza di Strabone, nell’ultimo secolo avanti l’Era volgare la maggior parte de’ più bei lavori che si ammiravano in Roma e in altre città erano di Marmo lunese....».

«Marmo lunese», domandò Camilla, «vuol dire marmo di Carrara?». «Appunto. Marmo lunese era detto da Luni, celebre città dell’Etruria, che si direbbe quasi l’antica Carrara, le cui rovine si scoprono non molto lontano di là, cioè sulla sinistra della valle di Magra. Questa città fu devastata successivamente dai Vandali, dai Longobardi, dai Normanni e dai Saraceni, finchè i suoi abitanti l’abbandonarono definitivamente nel 1058, emigrando a Sarzana. Ai tempi di Roma i marmi delle montagne carraresi venivano, come al presente, trasportati fino alla riva del mare e imbarcati nel porto di Luni, che da alcuni si vuole l’imbocca tura della Magra, da altri più probabilmente l’incantevole golfo della Spezia. Fin da que’ tempi sono celebri, per la quantità di marmi che se ne traeva, le cave del Polvaccio nella valle di Torano, quelle di Colonnata nella valle di questo nome, e quella di Fantiscritti nella valle di Canal Grande. Nelle cave di Canal Grande, verso le quali appunto mi avviavo, è fama che già abitasse il famoso indovino Arunte, di cui disse l’Allighieri:

Aronta è quei che al ventre gli s’atterga;
     Che ne’ monti di Luni, dove ronca
     Lo Carrarese che di sotto alberga,
Ebbe tra bianchi marmi la spelonca
     Per sua dimora, onde a guardar le stelle
     E il mar non gli era la veduta tronca1.

» Pensate adunque che quei cumuli di rottami di cui vi parlavo rappresentano semplicemente le minuzzaglie di un lavoro, in cui si occuparono e si occupano molte migliaja di uomini, un popolo intero, da duemila anni almeno. Vi pare che sia questo uno storico monumento dell’umana attività, meritevole d’esser visto Meno interessano per questo lato le ’cave, le quali non vi parlano che del presente. Anche qui tuttavia c’è sempre qual-

  1. Inf., C. XX, V. 46, 51: — Quegli che volge il tergo al ventre di lui è Arunte, il quale abitò una spelonca fra i bianchi marmi dei monti di Luni, nella contrada coltivata dai Carraresi, la cui città giace al piè di quei monti. Dall’alta soglia di tale spelonca poteva Arunte contemplare il cielo ed il mare, nè alcun ostacolo gliene troncava la veduta.