Pagina:Stoppani - Il bel paese - 1876.pdf/487

Da Wikisource.

il linguaggio della natura 481

e gli spazî? perchè ci avrebbe composto un corpo di sì mirabile ordito, e dotati di sensi così squisiti e moltiformi, e messi così in intimi rapporti con tutto l’universo, sicchè come l’auretta che ci accarezza il viso, sentiamo il fremito dell’etere che ci porta il raggio della più lontana stella, e vediamo coll’occhio istesso l’insetto che brulica fra l’erbe e i mondi che turbinano negli spazi infiniti? Perchè, mentre e sotto, e sopra, e d’intorno a noi si svolge il presente che ci affoga in un mare di meraviglie, quasi ciò non bastasse, starebbe scritta sulle immobili rupi tutta una storia di mondi che furono? A che pro tutto questo, se tutto non fosse ordinato da Dio al fine supremo dell’uomo, a quella felicità, ch’egli non prova che levandosi fino a Lui?

» E non aveva io letto che i cieli narrano la gloria di Dio, e tanti altri passi delle sacre scritture, che possono dirsi riassunti in quel gran detto Io sono l’alfa e l’omega, il principio e la fine, ed in quei versi di Dante:

La gloria di Colui che tutto move
     Per l’universo penetra e risplende?1.

Quante volte anche Gesù Cristo s’indirizzò alla natura sensibile, ai fenomeni più volgari, come il comportava la povertà intellettuale de’ suoi ascoltatori, per cercarvi, non già semplicemente delle similitudini, ma le testimonianze dirette, le prove più chiare, irrecusabili della sua dottrina sulla natura e sugli attributi di Dio, e sulla morale che Egli veniva insegnando! Egli chiama in testimonio la natura come altri ricorrerebbe ad una autorità incontestabile, mostrandoci come, in certo senso, la dottrina ch’Egli era sceso dal cielo ad insegnarci, era già tutta nella natura. Voleva, per esempio, dimostrarci come Dio meriti intiera la nostra confidenza, e il nostro abbandono nelle sue mani? — Guardate (diceva, facendo come una sintesi delle meraviglie dell’universo, considerate come una rivelazione della divina bontà e provvidenza), guardate gli uccelli dell’aria, che non seminano, non mietono, non empiscono i granai: e il Padre celeste li pasce. Pensate ai gigli del campo. Non lavorano, non filano; eppure Salomone, in mezzo a tutta la sua gloria, non ebbe mai una veste sì bella come essi l’hanno. — Se voleva render palese quell’amore infinito che abbraccia l’universo in un solo amplesso; additava le piogge che cadono ugualmente sui campi dei buoni e

  1. Parad., C. I.