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CAPO VI. 89

nel racconto di Ferecide la sognata ipotesi, che gli Aborigeni, o sia i prischi popoli del Lazio, fossero Enotri o Arcadi Pelasghi: e di tal forma, dimentico egli stesso de’ suoi propri insegnamenti dei doveri dell’istorico1, mirava a tessere nel primo libro quel suo pensato sistema, che ad ogni modo dovea congiungere insieme le antichità italiche con quelle di Grecia2. Pure, conferma egli stesso, nè poteva occultarlo, non avere altra guida fuorchè le narrazioni mitologiche3: il che ci avverte, non ch’altro, con quanta cautela e dubitanza, considerato la natura di quelle storie poetiche, dobbiamo noi medesimi prestare orecchio alle facili narrative di eventi sì poco certi, e che per tante vie poterono essere trasmutati in novelle da relatori creduli, e di sì lunga età posteriori dalle cose narrate. Anzi, errava ancora inavvedutamente Dionisio, là dove pigliando Crestona città della Tracia fra Assio e Strimone, mentovata da Erodoto4, per la nostra Cortona, o sia la città di Corito secondo

  1. Epist. ad Cn. Pomp. p. 767 sqq.
  2. Sic. in proem. 5. 6. et in I. 89. 90.
  3. Καὶ τὰ μὲν οὔν ὑπὲρ τοῦ Πελασγικοῦ γένους μυθολογούμενα τοιάδε ἐστί.
  4. I. 57. L’opinione posta innanzi dal Vesselingio (in Herodot. p. 26) è la sola accettabile. In cotesto paragone importante della lingua viva pelasga coll’ellenica. Erodoto, che non conosceva l’interno dell’Etruria, non poteva avere in mira Cortona sì distante, e forse a lui stesso ignota. Dionisio all’opposto senza molta considerazione, intese quel passo come gli tornava meglio. I. 29.