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CAPO VI. 91


Così le nostre genti indigene si ritrovarono più o meno appressate agli stranieri, lo che assai per tempi mischiò le lingue, non meno che il sangue. E molto probabilmente le tradizioni raccolte da Ellanico intorno al passaggio dei Pelasghi in Italia per l’Adriatico, ed alla parte viva che eglino vi presero nelle guerre interne, si riferivano a queste medesime vicissitudini de’ nostri popoli, che il narratore da Lesbo non poteva conoscere se non imperfettamente. Forse ancora, come porta un’altra vecchia leggenda riferita da Nicandro di Pergamo1, venian confusi insieme da narratori imperiti Illirici e Pelasghi per sola corrispondenza di eventi. Onde dobbiamo pure attenerci al fondo di quel racconto credibilissimo, che talune delle genti che scorrevano in allora il mondo si ponessero ad abitare Italia, e quivi temporalmente vi partecipassero anche, come di luogo in luogo vedremo, nelle sue venture.

È vero che nella somma della letteratura greca e romana ritroviamo fatta menzione di molti luoghi e città d’Italia, che diconsi abitate o edificate da Enotri, Siculi, Tessali, Arcadi, Tirreni e Pelasghi. E chiunque crede ravvisare a suo senno in tutti questi popoli un medesimo ceppo pelasgo, è ben naturale che attribuisca loro altresì un esteso dominio, ed altrettanta parte nella civile istituzione. Ma, oltre che gli antichi stessi discordano assai sopra l’origine di ciascuno dei

  1. Ap. Anton. Liberal. 31.